Un business da capogiro, l’export di mozzarella bufala campana DOC.
Dalla Francia che è il principale sbocco di mercato, fino al Giappone, la Bufala Campana guarda sempre più ai mercati stranieri, che diventano centrali anche nella strategia di sviluppo delle attività del Consorzio. L’export del comparto vale infatti oltre 300 milioni di euro e ha superato per la prima volta il 40% dell’intera produzione. Sono i principali risultati emersi dall’ Osservatorio Economico sulla filiera della mozzarella di bufala campana Dop.
Ma come si esporta la mozzarella? Cosa dice la LEGGE? E’ un business semplice come sembra?
La normativa di settore ci dice che per esportare animali vivi e prodotti da loro ottenuti, alimenti e mangimi, i produttori italiani devono fornire adeguate garanzie igienico-sanitarie alle autorità dei Paesi importatori.
Tali garanzie sono stabilite dal Paese importatore sulla base delle proprie normative sanitarie nazionali e dovrebbero rispettare le regole internazionali fissate dagli Standards Setting Bodies (OIE e FAO).
La definizione delle garanzie sanitarie da rispettare avviene quasi sempre al termine di una negoziazione tra le varie autorità veterinarie/sanitarie del Paese importatore e Autorità veterinarie/sanitarie del Paese esportatore, tutte atte al fine di garantire l’implementazione dei requisiti veterinari e sanitari lungo l’intera catena produttiva, dalle materie prime ai prodotti finali e che vengono redatte in forma di certificati sanitari. In alcuni casi, il certificato è imposto dal Paese importatore.
In America ad esempio la vendita è soggetta a regole un po’ più complicate rispetto a quelle normalmente applicate ad altri prodotti alimentari.
In parte ciò è dovuto al fatto che l’importazione e la vendita di formaggio è regolata sia dalla FDA [Food and Drug Administration] che dalla USDA [Dipartimento dell’agricoltura americano]. A rendere le cose più complicate c’è anche il fatto che l’importazione di formaggio negli Stati Uniti è soggetta a quote di importazione. Le quote di importazione formaggio vanno chieste dagli importatori americani entro fine ottobre di ogni anno e poi rinnovate di anno in anno. “Per tutti quei prodotti che contengono latte, latte in polvere, creme di latte, uova o uova in polvere e che vengono cotti prima dell’importazione negli Stati Uniti, è necessario allegare alla documentazione di dogana import Stati Uniti delle dichiarazioni di conformità rilasciate dal veterinario della ASL del paese da cui proviene l’ingrediente in questione.
Per gli ingredienti prodotti in Italia quindi, si tratta della ASL. Se l’ingrediente, ad esempio il latte, proviene da altro paese [qualsiasi esso sia] è necessaria la dichiarazione/certificato del veterinario della autorità competente di quel paese.
Il rilascio del certificato in parola può diventare problematico nel caso in cui il fornitore mischi latte di varie provenienze oppure si approvvigiona da fornitori di paesi “lontani”
Con tutte le difficoltà del caso.
I passaggi fondamentali sono :
* Creazione delle etichette secondo le normative FDA.
* Individuazione del dazio doganale applicabile per l’importazione del formaggio che specificatamente si deve vendere negli Stati Uniti.
* Individuazione della documentazione richiesta dall’USDA [Dipartimento dell’Agricoltura Americano] per il formaggio di cui si chiede l’importazione.
* Ricerca dei distributori e importatori per la vendita del formaggio negli Stati Uniti.
Per ogni eventuale curiosità o per maggiori info a seconda del Paese di destinazione del prodotto, effettuo consulenze specifiche sulla normativa di settore Stato per Stato.
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